Uno dei temi maggiormente trattati dai mezzi d’informazione nei mesi scorsi è quello relativo alla presenza ed all’infiltrazione delle organizzazioni criminali anche in regioni, province e comuni che, nell’immaginario collettivo, parevano esserne estranee. Con il termine “mafia” oggi si intendono tutte le organizzazioni criminali esistenti ed “operanti” sul territorio nazionale ed è, altresì, risaputo che di esempi legati a penetrazioni e connivenze mafiose all’interno di determinate dinamiche politiche ed amministrative ve ne siano diversi. Si tratta di un sistema “concreto”, tangibile.
Vi è, tuttavia, un altro apparato parallelo a questo, un sistema pseudo mafioso che tende ad “attaccare” direttamente la cultura, il buon senso, l’agire quotidiano. Un determinato modo di crescere ed agire a livello politico – amministrativo, conseguentemente trasferito alla comunità. Esso tende principalmente a svilupparsi in località medio-piccole dal punto di vista demografico. Località simili, per esempio, a quelle del Vallo di Diano. Una ramificazione di tale sistema è rappresentata dal clientelismo, ovvero un malcostume politico diffuso in vari ambienti, dove ai rapporti ordinari tra le varie forze politiche, si sostituisce una rete di favoritismi a carattere personale; dei sostenitori si legano ad un personaggio politico al fine di conseguire dei favori. Agli occhi di molti chi riesce ad ottenere ricchezze attraverso rapporti privilegiati, dimostra di essere più furbo di altri, diventando quasi meccanicamente un modello da seguire. Una politica clientelare è praticamente una politica contraddistinta da dei favori concessi a qualcuno, a danno di altri, spesso della massa e dei più deboli.
Parente stretto del clientelismo, è l’assistenzialismo. Molto spesso i due “fratelli” finiscono per fondersi, dando vita al cosiddetto assistenzialismo clientelare. La mancanza di lavoro da un lato, l’assenza di una società autonoma dalla politica dall’altro, hanno, a riguardo, favorito negli anni lo sviluppo di un sistema tanto diffuso, quanto discreto, ramificato ma al tempo stesso aleatorio. Se le organizzazioni criminali non sempre riescono a penetrare in determinati contesti territoriali e far proprie determinate dinamiche, i fratelli clientelismo ed assistenzialismo sono, invece, in grado di mettere radici un po’ ovunque, insidiando la comune ordinarietà giornaliera, nonché l’autonomia intellettuale, a volte tutt’altro che ferrea, di soggetti giovani e meno giovani e dalla diversa formazione culturale. Chi non si adegua a tale sistema o non ne accetti i malsani principi ispiratori, è quasi automaticamente candidato all’isolamento…prima culturale, poi sociale. Le nuove generazioni non sembrano esser riuscite ad evitare che tale perverso processo maturasse e finisse per svilupparsi sempre più in profondità all’interno del proprio nucleo familiare e della propria comunità. Anzi, in alcuni casi ne hanno favorito li sviluppo. Ciò ha permesso ad amministratori e funzionari di turno di “trasformare” i diritti in favori che, prima o poi, si sarà tenuti a ricambiare. Gran parte delle volte attraverso consensi elettorali. Tutto ciò, in molte aree, è oggi normalità, quotidianità. Tutto ciò è sinonimo di rassegnazione e passività, di egoismo e ben poca predisposizione alla costruzione di un qualsivoglia futuro.
Il sistema, intanto, continua a fare proseliti nel Vallo di Diano, seducendo sempre più e conducendo all’immobilismo più assoluto. Ma come sostenuto dal romanziere Albert Camus: “la speranza, al contrario di quanto si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi”.