Cosa Nostra è l’organizzazione mafiosa più importante d’Europa e tra le più importanti del mondo. Ha una struttura gerarchica, paramilitare, con precise regole di comportamento.
Sul territorio esercita funzioni di sovranità ed impone una fiscalità illegale generalizzata, il cosiddetto” pizzo”.
Le sue principali sedi sono in Sicilia (Palermo, Trapani, Marsala, Agrigento, Catania), ma ha ramificazioni, oltre che in molte regioni italiane, negli Stati Uniti, in Canada, in Germania, in Svizzera, in Francia, in Gran Bretagna ed in Russia.
Conta circa 5000 affiliati ed almeno 20.000 fiancheggiatori. Il vertice è costituito dalla “Cupola”, una sorta di commissione che raccoglie i capimandamento .
L’attuale capo di Cosa Nostra e’ Bernardo Provenzano, latitante da oltre 30 anni, ultimo grande boss dei Corleonesi.
Questa organizzazione è responsabile di omicidi che hanno scosso tutto il mondo civile, come le stragi di Capaci e D’Amelio, nelle quali, tra gli altri, hanno perso la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ha scritto Luciano Violante, ex presidente della commissione parlamentare antimafia : “La mafia si comporta come un potere politico totalitario: ha ucciso politici, magistrati, poliziotti. Ma ha ucciso anche giornalisti: ed è questo il segno più evidente del totalitarismo. Solo lo stalinismo e il nazismo hanno ucciso chi combatteva con lo strumento del pensiero e delle parole”.
Le origini
Cosa Nostra nasce nella Sicilia occidentale ai primi dell’Ottocento. Le sue origini sono strettamente legate a quelle del latifondo che domina la struttura produttiva della Sicilia fino ai primi del Novecento.
Da una parte ci sono i contadini miserabili; dall’altra la nobiltà terriera, erede assenteista di uno degli ultimi sistemi feudali d’Europa. Fra gli uni e gli altri, c’è un ceto spregiudicato e violento di massari, campieri, gabellotti, fattori che svolge funzioni di controllo, gestione ed intermediazione della proprietà e della produzione, tenendo a bada la latente violenza di quella smisurata platea di nullatenenti che popola le campagne siciliane.
Cosa Nostra nasce nel momento in cui i gabellotti, spesso circondati da scherani dal passato di gesta violente, smettono di lavorare a nolo e, attraverso la privatizzazione della violenza, danno vita a sette, confraternite, gruppi, cosche.
Il primo documento in cui si allude a una cosca mafiosa è del 1837: il procuratore generale, presso la gran corte criminale di Trapani Pietro Calà Ulloa, scrive ai suoi superiori a Napoli, per segnalare strane fratellanze impegnate in attività criminali, come il riscatto di bestiame rubato, che corrompono anche impiegati pubblici.
È comunque la rappresentazione del dramma popolare “I mafiusi di la Vicaria”, scritto nel 1863 da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca, poi tradotto in italiano, napoletano e meneghino, a fare del termine mafia un’espressione corrente, usata per indicare un gruppo di individui spavaldi e violenti, legati da rapporti misteriosi e temibili, dediti ad azioni per lo più criminose.
La struttura
La mafia siciliana ha una struttura a sviluppo verticale. Il capofamiglia nomina il “sottocapo”, i consiglieri ed i capidecina che hanno il compito di coordinare gli uomini d’onore, i picciotti. L’organizzazione base è la famiglia, non quella di sangue, ma un gruppo mafioso che controlla un pezzo di territorio, in genere un paese o un quartiere di una grande città, oppure più paesi se questi sono piccoli. È una funzione vitale, quella del controllo del territorio, che si snoda attraverso forme di contiguità con ambienti della politica e delle istituzioni. In Cosa Nostra si entra per cooptazione o chiamata, attraverso una specie di giuramento che consiste nel farsi bruciare sulla mano un santino.
Le attività
Le disponibilità di Cosa Nostra sono illimitate. Le attività nelle quali Cosa Nostra è impegnata sono il traffico internazionale di droga (le rotte controllate dalla mafia siciliana sono ancora oggi quelle più sicure), le speculazione finanziarie ed immobiliari, il riciclaggio del denaro sporco, l’estorsione, il traffico di armi, lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali ed il traffico di armi.
I boss
“Sono a conoscenza che la Regione (la Commissione regionale, l’organismo più importante di Cosa Nostra in Sicilia, nda) è attualmente formata da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, da Giuseppe Madonia, da Angelo Barbero da Catania e da Benedetto Santapaola. Il numero uno è sicuramente Totò Riina e subito dopo viene Giuseppe Madonia. Questi due membri della Regione mi sono stati anche indicati come Rappresentanti Mondiali a Palermo, nel senso che vi è un altro organismo più in alto che comanda tutte le famiglie di Cosa Nostra sparse nel mondo…”. Così il 30 giugno del 1992 il pentito Leonardo Messina rivela ad un pool di magistrati la struttura e gli uomini di Cosa Nostra. Un organismo aggiornato che consente l’operazione Leopardo, con l’arresto di centinaia di mafiosi, e contribuisce alla cattura di Madonia e infine di Riina. Oggi a capo di Cosa Nostra ci sarebbe Bernardo Provenzano che molti credevano morto. S’è rifatto vivo dopo l’arresto di Riina con una lettera inviata al presidente del Tribunale di Palermo. Fotografie vecchie di 30 anni lo descrivono come un tipo biondo e tarchiato. Nessuno da allora lo ha più visto, ma tutti i pentiti sono concordi nel definirlo una belva assetata di sangue, proprio come Riina, del quale è stato compagno di giochi e di nefandezze. La sua morte era stata data per certa nell’aprile del 1992 quando la moglie, Saveria Palazzolo, ricomparve in paese assieme ai tre figli dopo un’assenza di dieci anni. Come se non fosse successo nulla in tutto quell’arco di tempo, la donna riaprì la vecchia casa e riprese a vivere in mezzo alla gente, lasciando di stucco tutti, compresi i rappresentanti delle forze dell’ordine. Accanto a Provenzano, fino al 20 maggio del 1996, c’era Giovanni Brusca, considerato il capo dell’ala militare di Cosa Nostra. Figlio di Bernardo, ex componente della “commissione” nella sua qualità di boss della famiglia di san Giuseppe Iato, è accusato di crimini orrendi come la strage di Capaci (fu lui ad azionare il congegno che fece saltare in aria il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta), gli attentati a Roma, Milano, e Firenze e l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio di un collaboratore di giustizia, strangolato e dissolto nell’acido. Trentasei anni, latitante dal 1990, è stato arrestato assieme al fratello Vincenzo nell’agrigentino mentre alla televisione stava vedendo il film di Michele Placido sulla strage di Capaci. Dopo la cattura di Brusca, oltre a Provenzano, capo indiscusso dell’ala “politica” di Cosa Nostra, alla macchia resta, tra gli altri, Pietro Matteo Messina Denaro, a cui spetta il compito di ricucire le fila e di rilanciare la mafia sfiancata dagli attacchi concentrici dei pentiti.
Le stragi di Capaci e di via D’Amelio hanno costituito uno spartiacque nella lotta contro la mafia. Molti mafiosi, tra cui boss del calibro di Totò Riina, Giuseppe Madonia e Nitto Santapaola sono finiti in galera, tantissimi altri invece hanno cominciato a collaborare con la giustizia, dando ai giudici un filo da tirare che ha smagliato tutto un tessuto di amicizie e interessi. www.nicaso.com
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