Di Maurizio Trezza.
Nella classifica stilata dal gruppo di Climatologia storica dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr sugli anni più caldi in Italia dal 1800 ad oggi, le prime venti posizioni sono tutte occupate da anni che vanno dal 1980 al 2009, dichiarato “anno del clima” che, sarà per questo, occupa una dignitosa quinta posizione. Il 2009 è anche l’anno della COP 15, la XV Conferenza ONU sul Clima che si svolge proprio in questi giorni, dal 7 al 18 Dicembre, a Copenhagen. Al maxi-vertice partecipano 193 paesi con 15.000 delegati e 110 capi di Stato e di Governo, molti dei quali arriveranno solo negli ultimi giorni quando si passerà dalle discussioni alle decisioni, con il compito di negoziare un nuovo trattato per impegnare l’intera comunità internazionale ad assumere misure in grado di fermare il riscaldamento globale. L’accordo dovrà superare e sostituire il Protocollo di Kyoto entrato in vigore nel febbraio 2005 nel quale ogni Paese firmatario si impegnava a ridurre le proprie emissioni di una certa quota rispetto ai valori del 1990. Questa volta però, a differenza del precedente accordo, i patti sono molto più vincolanti e gli anni previsti per la loro realizzazione aumentano, si parla infatti del 2020 e in alcuni casi del 2050. Queste le parole del segretario generale della Convenzione Yvo de Boer nel discorso di apertura: “Il tempo è scaduto, è arrivato il momento di unirci.[…] Abbiamo sei giorni per definire l’accordo prima che arrivino i ministri e poi solo una manciata di ore prima dell’arrivo dei capi di Stato. Il tempo è finito. E’ ora di essere uniti, di trasformare gli accordi in azioni reali e pensare ai milioni di bambini nel mondo”.
Già in altri due momenti il 2009 si era distinto per le attenzioni dei Grandi della Terra verso l’ambiente, la prima è stata il G8 di L’Aquila dove, se pur formalmente, si è fissato l’impegno a mantenere entro i due gradi l’aumento della temperatura media globale, mentre l’altra è stata l’Assemblea Generale dell’ONU dello scorso 22 settembre nella quale il Presidente USA Barack Obama aveva sottolineato l’importanza delle decisioni di oggi per le generazioni future. Ma il vertice danese in corso segna la tappa più importante di questi anni in ambito economico-ambientale per l’ampia partecipazione che ha registrato e per i temi che saranno affrontati. Dei 193 Paesi che partecipano al summit la maggior parte sono paesi di piccole dimensioni o in via di sviluppo e sono questi ultimi i più riluttanti a politiche di tipo ambientalista in quanto, considerandosi non colpevoli della “febbre” del Pianeta, rivendicano la possibilità di una crescita economica senza gli ostacoli che limitazioni all’inquinamento potrebbero comportare. In particolare essi accusano, non a torto, i paesi industrializzati, di essere cresciuti economicamente a discapito dell’ambiente con incredibili costi attraverso l’inquinamento della Terra, e reclamano ora le stesse possibilità di crescita. Ma, già prima dell’apertura della Conferenza, il ministro per l’Ambiente indiano, Jairam Ramesh, ha dichiarato che India, Cina e Brasile hanno raggiunto un accordo di massima per operare insieme nel negoziato sui tagli alle emissioni di CO2 durante il vertice, inoltre il Sudafrica ha espresso la disponibilità a rallentare del 34% entro il 2020 e del 42% entro il 2025 la crescita delle emissioni dei gas serra, a condizione che ciò avvenga nel quadro di un accordo internazionale e di aiuti finanziari da parte dei paesi più sviluppati.
Le questioni che saranno affrontate durante queste due settimane possono essere distinte sommariamente in:
- riduzione della quota di CO2 dei singoli Paesi. Si parla, almeno nelle intenzioni, di un taglio dell’80% di anidride carbonica entro il 2050. Per risolvere il disappunto dei paesi in via di sviluppo si potrebbe optare ad una riduzione di CO2 pro-capite (in rapporto alla popolazione) o ad accordi bilaterali.
- contributo dei paesi in via di sviluppo al ruolo delle tecnologie. Si tratta della disponibilità di questi paesi nell’utilizzare strumenti tecnologici per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica emessa ed è previsto in questo senso anche lo sviluppo di nuove tecnologie.
- cooperazione internazionale e investimenti pubblici. Riguarda la collaborazione fondamentale per permettere che le tecnologie vengano distribuite in tutti i paesi che ne hanno bisogno, anche tramite il ricorso a investimenti.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha sottolineato la necessità di “non perdere tempo, perché tutti i governi del mondo sono d’accordo sul fatto che la temperatura media del pianeta non deve aumentare di oltre due gradi”. Ha inoltre precisato: ”sono molto ottimista su Copenhagen, raggiungeremo un accordo che sarà sottoscritto da tutti i paesi dell’Onu e che sarà storico – aggiungendo di ritenere che – tutti i capi di Stato e di Governo sono d’accordo sull’obiettivo di combattere il riscaldamento del clima”. Aria fresca a Copenhagen.