Morire non è poi così male, ho passato momenti peggiori.
Tipo quel periodo durante il quale trovavo sessualmente attraente Tonio Cartonio del Fantabosco.
E lui neanche mi guardava.
Prima di passare all’altro mondo ti viene concesso qualche minuto per riflettere sulle situazioni lasciate in sospeso: un’occasione come un’altra per incazzarti.
Mi sono venute in mente tante cose: numeri mai chiamati, libri abbandonati degradati a soprammobili, film interrotti dalle mie palpebre, persone vissute a metà.
E poi ci sono quelli che ti hanno voluto davvero bene, non perchè erano condizionati, ma perchè ti amavano davvero.
I miei genitori adottivi, ad esempio.
Li ricordo con particolare simpatia perchè soffrivano di misofobia: erano soliti a diventare violenti qualora trascurassi la mia igiene personale.
Se ne preoccupavano così tanto da finire col non curare la fase di tossicodipendenza che stavo attraversando.
Ricordo a tal proposito che un giorno, mentre tornavo dalla scuola serale con la mia bicicletta, Dodò dell’Angelo Azzurro attraversò d’improvviso la strada costringendomi ad un repentino cambio di traiettoria; sterzai bruscamente per evitare il pennuto immaginario finendo in un fosso pieno di fango.
Con addosso rassegnazione e una miscela composta da materiale solido finemente disperso e da una quantità relativamente piccola di liquido, derivata principalmente, ma non necessariamente, da sedimentazione (fango, preso da Wikipedia), proseguii verso casa, conscio delle violenze che avrei dovuto subire da lì a poco.
Varcato l’ingresso della mia abitazione, realizzai con grande stupore che i miei genitori adottivi non esistevano.
E che l’effetto dell’LSD stava per terminare.
In preda alla confusione mi accorsi di essere in preda alla confusione.
Non feci in tempo ad abbassare lo sguardo che notai di aver sporcato il pavimento, e fu a quel punto che sentii una pesante mano poggiarsi sulla mia spalla destra, come per richiamare la mia attenzione.
Potete immaginare il mio stupore nel notare in casa mia un estraneo calvo, palestrato, con una canottiera bianca che mi guardava minacciosamente.
Cioè, vi è mai capitato di essere guardati minacciosamente da una canottiera?
Senza drogarvi, intendo.
Comunque, era Mastro Lindo (l’estraneo intendo, non la canottiera), incazzato nero: aveva appena finito di lavare a terra.
In preda alla rabbia si accorse di essere in preda alla rabbia.
Così picchiò prima me, e poi la rabbia.
Per farmi perdonare, concessi (e non “concedetti”) a Mastro Lindo il mio posto di bidello alla scuola serale.
Probabilmente da questo episodio derivò la mia fobia verso i detersivi.
Molte persone sostengono che quando muori una grande luce si avvicina verso di te, fino ad abbagliarti; e quando è giunta a toccarti, non si sa cosa succeda.
Penso che sia vero, soprattutto se il tuo decesso avviene alle tre di notte, per mezzo del paraurti di uno Scania.
O almeno questo è quanto mi è successo.
La mia colpa di trovarmi in mezzo alla strada è fuori discussione, ma non capisco perchè quando stanno per investirti, invece di frenare, gli autisti accendono gli abbaglianti.
Cos’è, un gioco?
“Attenzione: sto per investirti. Intanto ti abbaglio, altrimenti ti viene troppo facile sopravvivere.”
Varcata la soglia celeste, sentivo un grandissimo senso di colpa: in un primo momento ho pensato fosse il frutto di anni ed anni di masturbazione, sesso orale e post blasfemi.
Poi mi sono ricordato di aver lasciato il gas aperto.
Mi trovo di fronte a San Pietro, il quale somiglia stranamente a Ridge di Beautiful.
Ridge: “Vieni avanti, figliolo”
Io, perlpesso, avanza verso Ridge di Beautiful
Ridge: “Qualche problema?”
Io: “No è solo che… le sue sembianze…”
Ridge: “Ah capisco. Posso assumere qualunque altra forma per farti sentire a tuo agio.”
Io: “Uhm… un caciocavallo?”
Caciocavallo: “Così va meglio?”
Io: “Si, grazie. Posso assaggiarla?”
Caciocavallo: “No”
Io: “Suvvia, non faccia il prezioso”
Caciocavallo: “Piantala. Vedi quella luce che sta venendo verso di te, da destra? Va verso di lei e troverai le tue risposte.”
Io si avvia verso la luce e viene investito da un camion.
Caciocavallo: “Ahahahahahaha coglione! Siamo in un tipo di intersezione a raso fra due o più strade (rotatoria, San Pietro usa Wikipedia).”
Io: “Divertente.”
Caciocavallo: “Ah, quasi dimenticavo: tuo fratello è stato qui poco fa. Ti manda affanculo, per quella storia del gas. Ha detto che avresti capito.”
Caciocavallo sparisce.
In quel momento mi apparse il Sommo.
Siamo davvero fatti a sua immagine e somiglianza, ed è lì che sta tutto il senso della vita: Lui è un gatto.
Un gatto nero.
Io i gatti non li ho mai capiti: aspettano l’ultimo secondo per attraversare la strada.
A volte ce la fanno, a volte ci ripensano e tornano indietro, altre volte vengono investiti da qualcosa e ci rimangono.
Ora però era tutto chiaro: non potrebbe essere altrimenti perchè è la loro natura.
Ed è per questo che nella vita aspettiamo l’ultimo momento per trovare il coraggio di prendere certe decisioni, però capita che sia troppo tardi e il tempo ci fa secchi.
Ma prima o poi devi attraversare i rischi se vuoi arrivare da qualche parte, e il destino è questione di attimi.
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E’ molto bello questo racconto…anche io mi sono sempre chiesto perchè i gatti decidono di attraversare sempre all’ultimo momento.