
Il decreto legge sulle intercettazioni è stato approvato dal Senato. La criminalità incassa la fiducia con 164 voti favorevoli e 25 contrari. Il testo dovrà ora tornare, in terza lettura, alla Camera dei Deputati. C’è qualche speranza che le cose si aggiustino? Improbabile, visto che il Presidente del Consiglio, primo beneficiario del decreto, ha già dichiarato che il testo è blindato e non potrà essere modificato, in barba al “vincolo di mandato” previsto dalla Costituzione all’articolo 67. Improbabile inoltre perché si parla già dell’ennesimo ricorso alla fiducia (sarà la 35esima volta in due anni) anche per il voto a Montecitorio. Il decreto più vergognoso degli ultimi 150 anni, peggiore del “Mille proroghe” che conteneva lo scudo fiscale, si prepara a diventare definitivo.
Negli ultimi due anni, da quando la maggioranza ha elevato a valore assoluto la privacy dei cittadini, sono state dette e scritte milioni di parole sugli effetti di questo decreto. La reazione, assolutamente giusta e da me condivisa, di media, giornalisti, scrittori e blogger è stata forte ed unanime ma ha spostato la riflessione su uno solo degli effetti che il decreto avrà. Il fatto che sia passato alle cronache con l’appellativo “legge bavaglio” la dice lunga. Il decreto legge sulle intercettazioni oltre a ledere il diritto di cronaca mina prima di tutto l’azione giudiziaria e principalmente quella investigativa. Le sanzioni previste per gli editori (da 300 mila a 450 mila euro) e quelle per i giornalisti (30 giorni di carcere o fino a 10 mila euro di multa) saranno difficilmente applicabili se non ci sarà nulla da pubblicare. La mobilitazione collettiva e massiccia, dai post-it agli appelli, ha fatto in modo che l’indignazione fosse generale ma insufficiente. Ha spostato la riflessione da quello che, a mio avviso, è il vero obbiettivo di questa trappola.
Stabilito che il diritto di informazione, attiva e passiva, sia alla base del buon funzionamento di qualunque democrazia abbiamo il dovere di pensare ad un’analisi più completa. Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alla parte del testo che include misure inaccettabili per uno stato di diritto, a quegli articoli troppo trascurati che sottraggono ai magistrati lo strumento essenziale dell’azione investigativa. Le intercettazioni saranno consentite solo per i reati puniti con più di cinque anni, i telefoni possono essere messi sotto controllo per un massimo di 75 giorni estendibili, di volta in volta, per altri tre giorni qualora tre giudici ne rilevino la necessità. Non sarà più possibile piazzare “cimici” in ambienti chiusi (casa, auto, ecc…), per registrare le conversazioni degli indagati si potranno utilizzare solo microfoni all’aperto e al massimo per tre giorni, prorogabili per altri tre. Le registrazioni carpite di nascosto sono permesse solo a giornalisti professionisti e pubblicisti. Se nei giorni consentiti viene intercettato un membro del clero il pm avrà l”obbligo di avvertire la diocesi, qualora si tratti di un vescovo bisognerà avvertire la Segreteria di Stato vaticana.
In sostanza, queste sono solo alcune delle conseguenze che si avranno dopo l’approvazione definitiva ma è chiaro che con questo decreto si è voluto limitare di molto il potere di indagine dei magistrati, è evidente che prima di essere una legge che imbavaglia i giornalisti questa è una legge criminogena.
Pingback: Comma ammazza-blog: un post a Rete unificata (#noleggebavaglio) - yourblog.it