Questa storia del decreto legge “interpretativo” (termine geniale che funge da vaselina) mi ha riportato alla mente le giornate trascorse sotto il sole, quando si era ragazzini. Tutti quelli che passavano pomeriggi interi correndo dietro a un pallone, per la serie “e terra e polvere che tira vento e poi magari piove”, mi capiranno. Nelle partite improvvisate per strada o nei cortili c’era sempre il furbetto della situazione che, quando la palla era destinata ad andare fuori di pochi centimetri, spostava i pali, o meglio, le pietre, gli zaini e quello che c’era. Allargava la porta per far in modo che un errore del compagno diventasse un goal. Era un gesto istintivo che si faceva di nascosto, era uno di quei gesti che in qualche modo certificava la discendenza del violatore di turno, italiano d.o.c.
Questo è quello che è successo dopo il caos delle liste alle regionali del Lazio e della Lombardia. Gli italiani d.o.c. del Consiglio dei Ministri hanno spostato i pali della legge, hanno cambiato le regole durante la partita, decidendo arbitrariamente che, per la squadra dell’Amore, le regole preesistenti fossero troppo rigide per essere rispettate. Ma, ricordando le liti che si scatenavano tra quelli che avevano subito il torto e quelli che avrebbero avuto una carriera politica di indiscusso successo, non ho potuto fare a meno di notare delle sostanziali differenze.
A quei tempi la violazione delle regole comportava ancora dei rischi, chi veniva sorpreso rischiava perlomeno di passare per imbroglione, per questo il misfatto si compiva in maniera velata, simulando a volte una caduta. Oggi invece le regole si cambiano sotto gli occhi di tutti, senza il minimo senso del pudore, senza che nessuno sia in grado di poterne rivendicare il rispetto. Inoltre in quelle partite interminabili non esistevano arbitri, esistevano delle convenzioni per cui alla violazione palese di una regola o alla sua illegittima modifica corrispondeva, per buon senso, almeno una punizione. Oggi, invece, nonostante la palla sia andata fuori di un metro e nonostante l’incredibile numero di arbitri, giudici di linea, quarto uomo, moviola in campo e fuori campo, il goal viene convalidato. Il decreto dice in pratica che, anche se il pallone è andato fuori, il punto è valido perché il ragazzino aveva intenzione di segnare, aveva tirato per fare goal. Intanto in Italia i pali della democrazia sono ancora più vicini.