Ottimizzano i costi, valorizzano la marca, aumentano la notorietà, generano guadagni diretti dalle vendite e sono sempre più utilizzati dalle aziende come strumento di comunicazione e marketing. La moda dei Temporary Shop e’ partita in Inghilterra: era il 2003 quando per la prima volta nel Regno Unito venne aperto il primo negozio temporaneo, poi New York, Berlino, Parigi e Milano. È l’ultima frontiera del marketing: i temporary store o temporary shop, negozi aperti a tempo determinato che compaiono all’improvviso nel contesto urbano e velocemente si dissolvono, arricchiti di eventi e di comunicazione non convenzionale.
Solo a Milano nell’ultimo anno circa 150/200 aziende hanno organizzato un negozio temporaneo in una delle tante location che costituiscono l’offerta cittadina, ormai davvero ricca e variegata per tipologie degli spazi (circa trenta), metrature e localizzazione.
Anche la ricerca di Convegni:”Il mercato degli eventi in Italia. Outlook 2009” ha evidenziato quest’anno per la prima volta una voce importante degli investimenti di event marketing dedicata ai temporary store: scelti per il 12,5% dei lanci di prodotto. Una chiave di lettura di questo fenomeno, inquadrandolo in un contesto più generale, la dà Massimo Costa, direttore generale di Assotemporary, l’associazione di categoria: “Come dice efficacemente il filosofo e sociologo Zygmunt Bauman, oggi viviamo in una società liquida, dove identità e appartenenze hanno mutato significato e le strutture sociali sono divenute fluide. Tutto si fa più rapido e si dissolve e ricostruisce da un giorno all’altro. Anche le modalità di distribuzione risentono di questa propensione alla fluidità”.
I Temporary Shop sono la risposta alla crisi economica internazionale? Se lo stanno chiedendo in molti in questo periodo, nel quale i negozi aperti solamente per un breve periodo di tempo stanno nascendo come dei funghi. Un po’ in tutta Italia e’ boom di Temporary. Era il Natale del 2007 quando i Temporary Shop hanno fatto la loro prima comparsa in Italia. Molti i brand che ci hanno venduto i loro prodotti nei temporary store: Prada, Benetton, Roberto Coin, Nike, Guru e molti altri ancora.
Temporary Shop: nome in inglese, concetto molto semplice, un negozio che rimane aperto solo per un determinato periodo. Non a caso i Temporary Shop vengono anche chiamati Pop-Up Store, insomma roba che appare e che scompare. I Temporary Shop vanno di gran moda e solitamente vengono aperti in luoghi particolarmente rappresentativi (zone esclusive, alla moda o addirittura in gallerie d’arte) per creare una sorta di evento e poi scomparire. E’ una strategia del marketing che si distacca dalla classica e tradizionale idea del negoziante di fiducia; insomma prende la spersonalizzazione dei centri commerciali perchè non fai in tempo a creare un rapporto col commerciante, mentre dal negozietto mutua lo spazio. Il Temporary Shop è talmente temporaneo che in vetrina c’è anche un countdown che indica il tempo che manca alla chiusura definitiva.
Un consumismo futurista dai tempi accellerati che rispecchia una civiltà urbana frenetica e dai minuti contati. La lancetta sembra tiranneggiare anche lo “slow shopping”, tradizionale usanza di acquisto mediterranea basata sull”equivalenza fondamentale: acquisto=relax, brutalmente soppiantata dagli acquisti online in risicate pause pranzo e dal così detto “temporary store”, il negozio evento che appare e scompare.
La differenza sostanziale tra un Temporary store e un Pop-up store va ricercata, a mio avviso, nell’approccio in fase di lancio dello store: mentre per il primo si tratta di un negozio che occupa per un periodo di tempo predeterminato e limitato (si va da qualche mese a pochi giorni) uno spazio in zone altamente rappresentative con l”obiettivo dichiarato di creare “l”evento” e di giocare sulla curiosità indotta dalla limitatezza, i pop-up vengono aperti all’improvviso senza annunciare nulla a nessuno, contando solo sul tam tam, sul passaparola opportunamente indotto. In entrambi i casi riveste un ruolo importante e decisivo lo spazio espositivo, l’ambiente e l’atmosfera che si crea e viene vissuta durante l’esperienza nel Temporary shop.
Confrontare un tamporary shop con un punto vendita tradizionale secondo me è inefficace ai fini di una comparazione tra forme di vendita in quanto non stiamo parlando di due forme distributive, ma, a mio avviso, i primi sono degli strumenti di marketing che nel lungo tempo hanno l’obiettivo di far aumentare i clienti verso i tradizionali punti vendita che distribuiscono i marchi venduti nei temporary shop.
Per ora possiamo solo affermare che questa nuova tecnica di vendita ha portato un po’ di ottimismo, permettendo così di fronteggiare anche un po’ la crisi..
vorrei avere ulteriori dettagli. grazie
Come posso esserti d’aiuto?
ciao!sono intenzionata a fare una tesi sui pop up store. mi laureo a breve in comunicazione e moda….ma i testi su questo argomento sono praticamente inesistenti…sai darmi qualche dritta su dove trovare materiale?grazie
Ciao jessica, ciao DrStella, avreste per caso delle informazioni a riguardo?