di Maurizio Trezza.
Questo blog nasce con l’idea di diffondere notizie, opinioni, idee e punti di vista diversi, di utenti interessati a più categorie di argomenti, che sembrano lontane tra loro ma che sono strettamente legate da un filo comune: l’informazione. Gli argomenti in questione possono essere così catalogati: società, tecnologia, comunicazione e marketing, ambiente, economia, altre verranno aggiunte in seguito.
SHARE è il termine inglese che si usa per indicare ciò che noi italiani chiamiamo comunemente “condivisione“. Non credo di allontanarmi troppo dalla realtà se scrivo che, con molte probabilità, questo è uno dei termini più usati, letti o sentiti negli ultimi anni dal popolo di Internet e non solo.
Nell’ambito della rivoluzione apportata dalla tecnologia Web 2.0 (o Nuovo Web) il fenomeno della condivisione tra utenti, sia essa di informazioni, di opinioni, di video, di notizie, di files musicali o quant’altro è cresciuto in modo esponenziale, grazie soprattutto all’avvento e alla sempre maggiore diffusione del fenomeno dei “social network“. Siti come MySpace, Facebook, Twitter, Msn, Badoo, Netlog, per citare i più famosi, contano ormai un incredibile numero di iscritti, i primi due raggiungono un totale di 330 milioni di utenti e il famoso sito per la condivisione di video YouTube (YouTube – Broadcast Yourself.) conta in media 20 milioni di visitatori al mese. Dato che la percentuale di persone che ha accesso ad Internet a livello mondiale è ancora bassa (si veda IP address location – Internet World Map 2007) e che i paesi appartenenti all’”emisfero sud” si stanno affacciando solo ora a questo tipo di mercato, è scontato pensare che queste cifre siano destinate a crescere nel giro di pochi anni.
E’ sotto gli occhi di tutti l’evoluzione che Internet sta creando nella società, nell’economia e nell’informazione. Basti pensare alla campagna elettorale e ai consensi raccolti tramite la rete dal Presidente Usa Barack Obama, e che in Italia ad esempio, nonostante il basso numero di utenti (solo il 22% afferma di usarlo tutti i giorni, fonte: rapporto annuale del Censis 2008), l’uso dell’e-commerce si sta diffondendo a macchia d’olio e i cittadini che dichiarano di avere una fonte di reddito primaria o secondaria derivante dalla propria attività di vendita su e-Bay sono 16500 (fonte: indagine commissionata da e-Bay a Research International).
E’ evidente che per condivisione non si può intendere puro e semplicistico intrattenimento. Un’ampia parte delle informazioni ha abbandonato le tradizionali strade della comunicazione e viaggia oramai sui fili della Rete, in modo molto più veloce, comodo e con la partecipazione di un numero sempre più rilevante di persone. Le vicende iraniane dei giorni scorsi ne danno conferma. Dopo l’inizio delle proteste di milioni di cittadini contro i presunti brogli alle elezioni che hanno riconfermato alla presidenza del paese il candidato del Partito dei Costruttori dell’Iran Islamico Mahmud Ahmadinejad, il governo autoritario ha imposto il blocco totale di tutti i mezzi di comunicazione che potessero in qualche modo mostrare al resto del mondo il vero volto del potere nella Repubblica Iraniana. Tra i mezzi in questione il più rilevante è Internet.
L’unico modo che i cittadini e i giornalisti iraniani hanno avuto, per diffondere le notizie e le immagini delle violenze perpetrate dalle forze di polizia sui manifestanti, è stato il sito Twitter (Twitter: What are you doing?) per il semplice fatto che l’accesso al portale può essere effettuato anche tramite sms. Ogni cittadino libero ha partecipato in questo modo alla diffusione e alla condivisione delle notizie diventando involontariamente reporter di se stesso. E’ solo grazie a questo sistema che i Tg di tutto il mondo ci hanno potuto mostrare quello che è successo.
E’ chiaro che lo scambio di informazioni tramite la rete sfugge al controllo dei diretti interessati e per questo il fenomeno viene visto con grande timore. Anche in Italia abbiamo assistito, fatte le dovute proporzioni, al tentativo di eliminare o quantomeno limitare la diffusione e la condivisione delle opinioni e delle notizie che non potevano essere controllate dai “poteri forti”. E’ l’unico caso in Europa.
Il primo tentativo risale all’ottobre 2007, con la presentazione del d.d.l. Levi-Prodi, sulla “disciplina del settore dell’editoria”. E’ la tanto discussa “legge ammazza blogger” con la quale, tra le altre cose, si obbligavano gli amministratori di blog all’iscrizione in un Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) e si faceva ricadere su di loro ogni responsabilità riguardo ai contenuti del materiale presente sul blog (commenti compresi!!), in quanto si pretendeva dai blog masters un ruolo di filtro per tutti i contenuti presenti sul sito. La mancata iscrizione a tale registro avrebbe procurato una denuncia per “stampa clandestina”(!). Dopo le proteste dell’allora Ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro, del Ministro delle Telecomunicazioni Paolo Gentiloni, dell’allora Presidente della Commissione Cultura della Camera Pietro Folena e di numerosi blogger più o meno famosi, il testo del d.d.l. venne modificato escludendo dall’obbligo di iscrizione al ROC i siti internet che “non costituiscono una organizzazione imprenditoriale del lavoro”, bastava però che fosse presente un banner pubblicitario o un collegamento del tipo Google AdSense per far sì che il blog non rientrasse più in tale categoria.
Con la caduta del Governo Prodi, nel maggio 2008, il progetto è sfumato. Ma non finisce qui!
Il 6 novembre 2008 il d.d.l. viene ripresentato dall’onorevole Levi, ora parlamentare d’opposizione, ed inserito nel “pacchetto sicurezza” del governo Berlusconi. Dopo i tira e molla del decreto nei corridoi dell’iter legislativo italiano, la notte del 29 aprile 2009, l’art. 60, quello riguardante la regolamentazione dei blog, viene depennato dal decreto e la libertà di espressione dei blogger italiani rimane inviolata.
Scampato il pericolo quello che ci viene da pensare è che i Padri Costituenti nel discutere il testo della Costituzione Italiana, nata dopo l’imposizione del “pensiero unico”, le censure e i divieti del ventennio fascista, non avrebbero mai pensato, dopo 60 anni, ad un tentativo così grave di ledere il principio della libertà di espressione sancito nell’ art.21: ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure […] ”.
In conclusione bisogna riconoscere che, come ogni fenomeno di massa, anche quello della condivisione di informazioni a mezzo Internet lascia ampio spazio al cattivo uso che se ne può fare, sta poi alla discrezionalità di ognuno renderlo utile a se stesso e agli altri.